Stavolta proprio perché amo scrivere con il cuore, specie qui in questo pezzetto di universo piccolissimo ma tutto mio, per me non sarà facile e sforerò un po’ le battute che utilizzo in media nei miei pezzi (circa 8-10 minuti di lettura), giusto per avvisarvi.
Sapevo da tempo che avrei dovuto toccare l’argomento anche per aiutare, per quel poco che potrò fare, molte donne che affrontano ogni giorno (anche adesso che sto scrivendo), il momento di una diagnosi che ti investe come un’ uragano. Tumore maligno al seno.
Purtroppo avevo poco meno di dieci anni quando sentii parlare di questa parola.
Era Agosto ed eravamo tutti nella nostra casa al mare, quando papà ci fece rientrare un po’ prima del solito con una scusa che non ricordo. In realtà mia mamma aveva sentito dei noduli al seno e li fece vedere al mio papà che da medico esperto, le prenotò immediatamente una visita al centro tumori di Milano.
La diagnosi arrivò cattivissima e mia madre fu operata a fine novembre. Ricordo che andai alla fiera dei “bei o bei” con il mio papà perché sapevo di andare finalmente in ospedale da lei e volevo portarle un regalo che le facesse dimenticare il male e tutto ciò che doveva forse venire dopo e che nemmeno capivo..
Ero emozionata di portarle questo regalo, una spilla di brillantini fintissima.. ma per me la cosa più bella era almeno poterla vedere. La casa senza di lei era diventata all’improvviso troppo silenziosa ed io dai miei pochi anni, mai avrei immaginato che lei se ne sarebbe andata via dopo così poco, per sempre.
Quel giorno, era Giugno ed io non volevo andare via anche se con zia cicci mi divertivo… vedevo che da qualche giorno la mia mamma era sempre a letto e non era da lei che non era capace di stare ferma. L’avevo quasi pregata di lasciarmi stare a casa e invece lei con tono fermo e sganciandosi dal mio abbraccio, mi mandò via.
Sapeva che sarebbe stata l’ultima sera e l’unica giustificazione che mi sono sempre data per poterla perdonare di non avermi dato scelta, è che non voleva che assistessi a quegli ultimi momenti… E così me l’hanno detto comunque il giorno dopo i miei zii e il dolore è stato lo stesso fortissimo.
Quei dolori immensi che sembrano passare ma poi appena ne parli si rinnovano dentro di te così forti da farti mancare il respiro … e non c’entrano gli anni che passano o le persone che hai intorno, non c’entra che sei diventata grande, in quel momento sei li con quella tazza di latte in mano e tuo zio che ti dice “tua mamma è morta” e tu non riesci nemmeno a credergli e poi, la tazza ti cade dalle mani ed è come se entrassi in una bolla e ti fa male il cuore così forte che pensi di morire.
Tutti avrete provato da bambini ad essere in mezzo ad un posto affollato, un centro commerciale, una stazione, una piazza.. e per qualcosa che vi ruba il pensiero, lasciate la mano di mamma o papà. Ma, quando poi vi giravate, non erano più li vicino a voi e anche solo per qualche minuto, la sensazione che vi assaliva era di abbandono, paura. Ecco quella è stata la sensazione alla notizia, solo che non sarebbe stato per qualche minuto, sapevo che non l’avrei mai più avuta accanto a me.
E la stessa sensazione la provi andando avanti nella vita quando finisce un amore e il dolore è della stessa intensità e le domande sono sempre le stesse …l’unica differenza è che sai gestire ormai la durata sempre più breve di quel dolore, conosci i trucchi per rimetterti in carreggiata il più velocemente possibile perchè ti sei allenata ormai da molti anni. Ma di sicuro non sei forte, lo sei solo diventato e lo devi essere per forza.
E poi cresci e iniziano a farti controllare il seno proprio per via della familiarità ed io di questo, mi sento davvero molto fortunata. Sono sempre stata diligente e nonostante la paura che mi assaliva e mi assale ogni volta che mi sdraio su quel lettino, sono sempre andata a farmi le visite e gli esami di controllo… non saltando mai nemmeno dopo un ago aspirato, dove i controlli si erano ravvicinati ogni tre mesi, ma alla fine fortunatamente non era nulla.
Ognuno di noi e a maggior ragione se siamo sportivi, pensa che tanto a noi non succederà mai nulla, che siamo invincibili…ma purtroppo non è così.
Qualche mese fa aprendo il diario di FB vedo Greta e la mia attenzione va sui suoi capelli così corti e biondissimi.
All’inizio mi dico “Grande Greta”! II coraggio che vorrei avere anche io… ma passare dai capelli lunghi al taglio alla maschietto, come si fa?!”. Poi intanto che ci riflettevo, pian piano il mio sorriso di stima, si andava spegnendo perché iniziavo a realizzare che forse la decisione non era stata del tutto volontaria.
Avevo incontrato Greta per lavoro circa sette anni fa e poi con il fatto che ammirava le mie corse all’alba, avevamo iniziato ad avvicinarci sempre di più con i consigli su scarpe e le solite sciocchezze di noi runner… e poi i pranzi, il racconto di questo nuovo amore, Teo che però non riusciva a capire se poteva chiamarsi ancora “fidanzato” e, mentre io faccio le ultime gare, lei inizia a fare le sue prime ed è bravissima e determinata come sono i runner appassionati.
Ci perdiamo per qualche anno, vedo i suoi viaggi e i suoi successi al lavoro dai social e poi, arriva quel post. Si perché sotto la foto con i capelli corti Greta racconta la sua battaglia in cui ha sconfitto la bestia! Già, il motivo del taglio dei capelli era il cancro al seno.
Non potevo aspettare ancora era il momento di affrontare il mio viaggio doloroso.
Le scrivo e spero di non essere troppo invadente con le mio messaggio. Credo che trovare le parole giuste in questi momenti non sia facile. Le dico di sbirciare qualche articolo perché sarei onorata di poterla ospitare nella mia sezione “Connect” per parlare a tutte le donne di questo uragano che potrebbe colpirle. E alla fine, sono fortunata perché a Greta piace il mio angolo di scrittura e il mio modo di scrivere.
Ci incontriamo in una sera dove ancora si può stare fuori alla Trattoria Mi Babbo, un ristorante che adoro perché c’è oltre al cibo super buono anche quell’aria di casa che fa la differenza per un incontro così.
So già sedendomi a quel tavolo che mi commuoverò ma cercherò di non farlo. Lei è proprio bella con questo taglio corto che mette in risalto i suoi occhi profondi e il suo sorriso che ora, mi sembra ancora più bello.
Ci mettiamo in un tavolino fuori come facevamo qualche anno fa, in un tempo di relax, con un bicchiere di vino (il suo perché io sono astemia…) e iniziamo la nostra chiacchierata.
Greta purtroppo non si faceva controllare da cinque anni e, durante la visita ginecologica oserei dire, fortunatamente, chiede alla sua dottoressa di controllarle anche il seno senza troppo preoccuparsi di un nodulo che sentiva perché aveva sempre avuto un seno “fibromatoso”.
La dottoressa le dice che per tranquillità è meglio che faccia una visita specifica e lei ancora non preoccupata, pensa che ci sia qualcosa ma risolvibile… diciamo un nodulo benigno.
La diagnosi del 26 giugno 2019 invece, a seguito della visita con ago aspirato, non lascia molti dubbi: Tumore con cellule maligne e da lì Greta inizia il suo percorso.
Qui ho un piccolo cedimento… perché ripenso a quando anche la mia mamma avrà avuto qualche medico di fronte che le diceva questa cosa, però mi riprendo subito, lo faccio per Greta, mi sento davvero una nullità (io che non ho mai avuto nulla di tutto ciò).
Deve fare altri accertamenti come la PET che verifica che non siano presenti altri focolai, l’iscrizione all’ASL per il codice 48 che attribuisce l’esenzione su esami e medicine, e poi la scelta del chirurgo che la opererà dopo la chemio.
La diagnosi Greta mi dice “l’ho voluta apprendere con la mia amica Angela che non mi ha mollato un secondo” e poi fondamentale è stata la rassicurazione della mia mamma quando subito dopo aver avuto la diagnosi l’ho chiamata: “..Non ti preoccupare, andremo dal migliore e la risolveremo”
E poi gli amici, quelli con la A maiuscola, che le si stringono intorno e Teo, suo amore grande (lo stesso di cui parlavamo circa sette anni fa), il fidanzato che le è rimasto al fianco, nonostante Greta lo avesse amorevolmente lasciato libero di scegliere visto che la strada poteva essere davvero lunga e incerta.
Prosegue il viaggio Greta e l’unica volta in cui si lascia andare in un pianto liberatorio è all’esito della PET. Le attese che magari si prolungano, solo chi ha provato può capire la carica emotiva che procurano, ma comunque l’esito è negativo e non ci sono altri focolai ma forse, proprio perché è stata in quel momento, una bella notizia, si commuove ancora intanto che me lo racconta.
Avrei voluto alzarmi ed abbracciarla forte ma si devono rispettare le distanze anche per un semplice raffreddore, con chi ha le difese basse e così sono rimasta lì seduta senza poter fare nulla se non sentirmi un po’ impotente.
Passo importante è stato anche la scelta del Chirurgo, e dopo essersi informata Greta sceglie il Prof. Folli del Centro Tumori di Milano che scopre essere originario di Salò, come lei (strana ma bellissima coincidenza). Nasce subito un rapporto di fiducia e mi racconta: “…E’ uno di quei medici che non te la dicono in modo algido ma nemmeno come se volessero indorarti la pillola” e da come me ne parla, penso sia come un buon allenatore che non ti racconta le favole ma che ti sa infondere coraggio. Il prof. Folli senza troppi discorsi le dice: “guarda ci sarà da tribolare, non sarà una passeggiata ma… ne verremo fuori”. Semplicemente la verità
E le spiega gli step che nel suo caso sono: chemioterapia, mastectomia, radioterapia e infine immunoterapia.
Diventi, per ragioni di privacy, un numero e penso che davanti ad una malattia alla fine numero o meno, siamo tutti uguali, non c’è povero o ricco, si forse i soldi ti aiutano a curarti con canali preferenziali ma alla fine sei tu che fai la differenza.
Si parla di 6 cicli di chemio in 12 sedute (ogni chemio ha il richiamo) , entri in una sala che a secondo può avere dalle 6 alle 8 postazioni. Nella prima testano qualsiasi reazione tu possa avere e dura un’infinità…circa 7 ore ed io penso… sono le ore di un viaggio a New York, e come in aereo sei su una poltrona con possibilità di video o dormire ed è essenziale non farsi prendere dal panico. Entra nel tuo corpo un mix di farmaci ma devi pensare che sono quelli che combatteranno con te per salvarti la vita.
La chemio come penso a tutte le donne, mi ha sempre fatto paura. L’ho sempre associata alla perdita dei capelli (che poi a pensarci bene … è una sciocchezza visto che potresti perdere la vita), ma per noi femminucce i capelli sono parte della nostra femminilità e Greta li aveva lunghissimi e belli. E proprio per questo, Greta vuole tenersi la speranza che a lei non cadranno in modo determinante per doverli tagliare o rasarsi e non fa assolutamente nulla.
Supera il primo e il secondo ciclo e iniziano a cadere ma a metà agosto circa al terzo ciclo di chemio mi dice “ne perdevo ogni notte e mettevo sul cuscino un asciugamano e poi, quel giorno in doccia non finivano mai di cadere a ciocche”.
A proposito dei capelli, davanti all ’ingresso dell’ Istituto dei tumori mi racconta: “leggevo sempre un cartello “Parrucche” e lo trovavo brutto e inopportuno ma poi alla fine ci entrai anche io”. E poi continua: “La mia amica Stefania (anche lei passata da questo uragano), mi convinse a provare il caschetto biondo che le era servito in un periodo di chemio e alla fine la presi come la possibilità di un cambio di look”.
Greta seguì il cartello “Parrucche” ed entrò in quel negozio e quel signore che la accolse dai modi diciamo.. “molto schietti”, le disse che se volevo provare le parrucche avrei dovuto rasarsi, anzi per l’esattezza lei mi raccontò sorridendo: “tesoro se vuoi provare le parrucche, devi togliere quel gatto morto che hai in testa”. Ora ci ride sopra ma vi potete immaginare come ci si può sentire?
Greta ha lo sguardo fiero quando mi dice che è riuscita a non saltarne nemmeno una di chemio grazie probabilmente alla “resilienza” appresa dallo sport. Lei è una runner e nonostante la stanchezza, l’inappetenza perché andando avanti con i cicli, ti brucia anche a tratti la gola, ti prende la nausea, ti cambia il gusto .. Greta è riuscita a non saltare nemmeno una seduta.
Anzi, ha sempre lavorato e nonostante a volte facesse fatica persino a finire il corridoio di casa, aveva chiesto al suo papa, di metterle le scarpe da running vicino al letto così che potesse decidere, anche solo di indossarle …o fare pochi metri e poi pian piano ricominciare con i primi km fino a quel 26 settembre 2019, in cui sentendosi bene decise di farne 10.
Peccato che poi l’indomani ebbe la febbre a 39 e un rimprovero (giustamente) dell’ oncologo che le disse: “Greta ti ho detto che potevi correre se te la sentivi ma magari ne bastavano 5 no?” … Ma come ti capisco Greta, avrei fatto come te!
Greta è stata scelta come Pink Ambassador e ora che è uscita dall’ uragano è membro attivo per la raccolta fondi e gareggia “in rosa” per portare il messaggio in tutt’ Italia dell’importanza dello sport per le donne specie coloro che sono rimaste sotto l’uragano.
Mi racconta di PINK AMBASSADOR (Fondazione Umberto Veronesi) di cui avete qui il video di presentazione e in calce il sito e mi riassume che per la battaglia contro il cancro i 3 pilastri fondamentali sono: prevenzione, alimentazione, zero fumo e sport.
Arriva l’operazione il 19 dicembre scorso e In due giorni la dimettono. Per un mesetto starà a riposo. coccolata da mamma e papà e intanto che mi racconta penso a come devono sentirsi tutti intorno a lei guardando una leonessa che però dentro, come sarebbe di sicuro per chi capita sotto la tempesta, anche Greta sapevano che nascondeva il cucciolo spaventato che era.
Da li poi l’ultimo calvario la radioterapia che per certi versi mi racconta è stata peggiore della chemio. 25 giorni di terapia, una al giorno in pieno lockdown. Lei andava in bici, fortunatamente elettrica perché la stanchezza a volte era davvero tanta ma ce la fa e a seguire l’immunoterapia che però a confronto, è stata davvero una passeggiata.
Ormai Greta è pulita almeno dalla TAAC effettuata lo scorso settembre. La prossima sarà a dicembre ma intanto pensiamo al bello dell’oggi.
Il cancro al seno tocca parti che sono il simbolo della femminilità, il seno appunto ( nonostante oggi almeno si ricostruisce…), i capelli che poi fortunatamente ricrescono, una menopausa indotta… E penso a come ci si debba sentire nell’ intimità e alla grandezza di genitori come mamma Wilma e papà Guglielmo o amiche come Stefania, Chicca, Valeria, Raffaella, Valentina o uomini come Teo perché a loro viene assegnato il delicato compito di assistere una persona che combatte per la vita, che soffre, che si trasforma. A loro, che anche solo nel silenzio a volte devono trovare da soli le risposte perché magari Greta non riusciva nemmeno a parlare.
Mi sento una privilegiata ad averti ospitata qui nel mio piccolo angolo di scrittura, cara Greta e spero che le molte donne che leggeranno si ricordino di fare prevenzione, avere un’alimentazione sana (per davvero), niente fumo e sport… anzi, magari proprio il running.
La prossima corsa delle Pink Ambassador sarà ONLINE il 18 ottobre PV in occasione della PITTAROSSO PINK PARADE, quindi potete iscrivervi ancora questo è il sito:
… stay tune!
Il cancro è come una tempesta e, come dice Murakami: “Quando la tempesta sarà finita, probabilmente non saprai neanche tu come hai fatto ad attraversarla e a uscirne vivo. Anzi, non sarai neanche sicuro se sia finita per davvero. Ma su un punto non c’è dubbio. Ed è che tu, uscito da quel vento, non sarai lo stesso che vi è entrato”
@ Greta Vittori, la mia Lion Guest:
IG https://www.instagram.com/gr_e24/?hl=en
@ PINK AMBASSADOR-FONDAZIONE UMBERTO VERONESI
Riunisce donne operate di tumore al seno, utero o ovaie che accettano una nuova sfida: allenarsi per partecipare a una corsa podistica di alto livello.
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