All’improvviso tutti noi siamo stati catapultati in una situazione surreale, blindati nelle nostre case senza possibilità di vedere amici o persone care.
Un nemico invisibile, imprevedibile e sfuggente si è abbattuto sulle nostre vite imponendo una brusca frenata alle nostre abitudini e facendo crollare molte delle nostre certezze. Viviamo giorno per giorno, in un tempo che sembra sospeso e in cui i giorni passano lenti e sembrano tutti uguali, scanditi dai dati del contagio come un “bollettino di guerra” e spesso dalla noia.
Oggi nel tempo del #iorestoacasa …le nostre “normalità” sembrano ormai lontani ricordi
Andare in ufficio, prendere il caffe al bar con un collega e fare trasferte in altre città o paesi o andare a cena e stringere banalmente le mani di qualcuno.
Anche un passatempo che in quel tempo, ci piaceva tanto come un bel libro, una partita alla Playstation o un film ci sembra ora insopportabile….La brutta cosa delle imposizioni.
E ve lo racconta una come me che viveva la casa come una piccola pausa da una vita frenetica che però le piaceva tanto.
A partire dalla mia corsa all’alba che faccio da circa vent’anni, all’andare in ufficio correndo in moto magari per arrivare puntuale a qualche riunione e poi in quell’ora di pausa dove incastrare il pranzo con un’amica e, a fine lavoro magari, uscire a cena con un uomo speciale…
Eppure in quel tempo di libertà, ero una che amava prendersi delle serate casalinghe apposta per fare la regina della casa. come dicevo scherzando anche quando ero sposata e mio marito usciva…
Ma con l’ultimo decreto, #iorestoacasa è diventato un obbligo e non più una scelta e se rallentare è difficile, figuriamoci fermarsi del tutto e pure all’improvviso.
Personalmente e nel rispetto delle regole del decreto e su quanto è consigliato e quindi di rimanere a casa il più possibile, non mi va di giudicare nessuno perché ognuno poi risponde alla propria coscienza, sia chi esce anche quattro volte per portare fuori il cane anziché due come quando si lavorava in ufficio, né tanto meno le persone che escono “ in solitaria” per fare una passeggiata o una corsetta…
Credo non sia una vita facile per nessuno l’essere costretti a stare nelle quattro mura domestiche dall’alba al tramonto, single o in famiglia, bambini o anziani, ognuno facendo i conti con l’amministrazione del tempo e dei pensieri.
E a me, che piace sempre vedere il bicchiere mezzo pieno, il covid19 ha fatto riflettere sul vantaggio di avere la tecnologia, un plus enorme che ci da la possibilità di vedersi con gli amici nonostante la distanza, di poter lavorare o leggere le notizie che arrivano dall’altro capo del mondo e poi che forse, chi più e chi meno, riaccenderà quell’umanità quasi dimenticata.
Ed è capitato anche a me nell’ unica uscita di corsa in solitaria della settimana scorsa quando erano quasi le 14 e stavo rientrando a casa. Ero sul ciglio della strada con un bel ritmo nelle gambe quando sul marciapiede a circa tre metri da me, munito di mascherina, un uomo che a me sembrò sui 70 anni, mi fece segno “con il pollice su” e simulando con le braccia il movimento della corsa.
D’istinto gli sorrisi ma due passi dopo, con il pensiero: “magari è una persona sola, che ha voglia di scambiare qualche battuta…e il lavoro aspetterà 5 minuti”… spensi la musica e mi voltai e nonostante la mascherina e la distanza, vidi il sorriso attraverso i suoi occhi.
Iniziò col dirmi che il mio passo era perfetto ma che dovevo migliorare l’oscillazione delle braccia e fu allora che gli chiesi se fosse del “pianeta runner” e lui mi rispose che aveva vinto anche dei titoli importanti ma poi, il tempo era troppo poco per sentire il racconto e così gli chiesi il contatto perché quegli occhi, avevano una velocità e un’ energia che spero qualcuno potrà vedere nei miei a quell’età.
Pier Donato Iannuzzelli, oltre ad essere un atleta è anche un uomo eccezionale e poi sfido chiunque a fine racconto a smentirmi…e non ha settanta anni come pensavo ma ottanta quattro e fino a due anni fa, correva ancora in quella strada un po’ solitaria del nostro quartiere.
Originario di Salerno, arriva nel ’58 a Milano e lavora come manager presso la Kenwood Electronics Italia. Si sposa nel ’63 con una sarta dell’alta moda e hanno un figlio che fa l’ingegnere a Londra.
Da studente vince alcuni campionati provinciali di corsa. Poi, mi racconta: “la passione rinasce dopo i 50 anni invogliato da un amico, mio vicino di casa in montagna”.
Come mi aveva anticipato vince diverse competizioni ma il titolo a cui è più affezionato sia perché è stato il suo primo podio che per la durezza degli allenamenti, lo vince nel 1995. Diventa infatti “Campione Italiano gran fondo” (corsa in montagna di 17 km e 950 mt, di dislivello) .
A me però salta all’occhio nel suo profilo FB un titolo conseguito nel 2011 dove vince la mezza di Livorno.
Lui ha fatto 21,097 km in 1h e 56 a Livorno a 72 anni ed io la mia prima mezza a Milano a 31 anni in 1h e 58 minuti. Che vergogna ragazzi… ?!
Credo che la corsa, come dico spesso, sia un’amica, il nostro psicologo personale e che ci insegni la famosa resilienza che spesso ci serve a superare le salite della vita come mi conferma Pier Donato che ha molta più esperienza di me. Mi parla della costanza che è alla base dei risultati e delle belle amicizie nate dalla condivisione per la stessa passione, la corsa appunto.
E in questo momento difficile nonostante la preoccupazione, lontano da suo figlio, chiuso in casa il più possibile con la moglie, mi dice che il nemico non lo assale.
E allora penserò a lui in qualche momento dove i pensieri si accavallano tristi e penso che alla fine dietro le mascherine che ci coprono la bocca o semplicemente negli occhi di chi silenzioso, incrocio a scegliere qualcosa al supermercato, c’è la consapevolezza che in questa solitudine imposta ci ritroviamo simili e che l’emergenza Covid-19 sta cambiando profondamente le nostre vite, facendoci provare la solitudine, ritrovare un’interiorità a tratti fatta tacere appositamente, facendoci rallentare e insegnandoci che, non esiste un io senza un noi e che siamo si parti distinte ma di un tutt’uno che dobbiamo preservare.
Una situazione sconosciuta e durissima ma che ci servirà da lezione per il futuro.
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