Non scrivo di “amicizia” da un bel po’, credo l’ultimo mio pezzo l’abbia scritto un paio di anni fa. Le ragioni sono tante come un paio di amicizie interrotte che nonostante il lavoro ogni giorno, sulla mia sensibilità che trovo a tratti un “minus”, hanno procurato qualche livido. Ma è giunto il momento di scrivere perché è giusto anche raccontare dell’amicizia vera trovata ballando country e di un’esperienza bella nata in spiaggia e che sa di amicizia “a prima vista”.
Parto da una riflessione a cui pensavo proprio ieri nel mio primo giorno di vacanza sdraiata sul lettino in una pausa dal mio kindle…
Oggi, l’amicizia è una parola inflazionata, usata in modo superficiale basti pensare che su Facebook si annoverano “amici” che magari sono persone mai viste.
L’amicizia in questo mondo è diventata sostanzialmente una condivisione di interessi che possono essere musicali, lavorativi, sportivi, gastronomici o letterari. L’amicizia è quindi ridotta ad un luogo, un tempo e a un’attività che vanno di pari passo ai nostri interessi e non ha quindi senso stupirsi o rimanerci male quando questi “amici” – con cui per così dire facciamo solo tante cose belle e divertenti insieme – spariscono nel momento del bisogno, della sfortuna, del dolore. E’ semplice, spariscono perché non erano amici, ma conoscenti con cui condividiamo momenti piacevoli, attività obbligate o leggerezza e che .. anche in qualche modo giustamente, se hanno piacere ad accompagnarci a un concerto o ad una mostra, non è detto abbiano altrettanta voglia di ascoltare le nostre tristezze, i nostri silenzi, i nostri lutti, soprattutto in un periodo storico già sufficientemente faticoso e complesso. Così come non è detto abbiano le energie, il tempo o più sinceramente la voglia per aiutarci concretamente a tirarci fuori da un problema. L’amicizia sembra non fondarsi più su ciò che ci avevano insegnato da piccoli ma che si fonda sul piacere.
Oggi il piacere dell’amicizia in estrema sintesi è il non far le cose da soli e quindi più che di amicizia forse è più corretto chiamarla “paura della solitudine”, il male del nostro tempo … e qui mi fermo perché potrei dirottare il mio scrivere su altre tematiche e invece ritorno sul pezzo…
L’amicizia dico sempre è come l’amore senza la parte chimica e, come i sentimenti importanti, non può bastare il messaggino di un semplice “come stai?” su whatzapp magari dopo settimane di assenza. I sentimenti forti hanno bisogno di presenza.
La presenza che hanno saputo darmi sotto varie forme amici in quell’ agosto di 3 anni fa dopo l’incidente mortale in moto o nell’accogliermi come una sorella nei miei week end siculi ma sei arrivata anche tu in un lunedì sera ballando Country.
Dietro quella figura esile si nascondeva una donna fortissima ma anche leggera e di una bontà infinita. Tu sei la presenza che non è relegata all’esserci fisicamente ma è la mano tesa in una mia triste serata di pensieri lavorativi per prendere un aperitivo insieme anche se saresti rientrata a casa, la telefonata perché hai capito da un silenzio che non stavo bene, le risate fatte insieme a ballare alla festa di Natale, le foto di noi che mettiamo (come i boomer), i 10 secondi e rifacciamo perché scoppiamo a ridere…
Come per l’amore, non c’è un’età per trovare la persona che fa per noi anche nell’amicizia, quella fatta di affetto sincero, quella che non è semplice condivisione di interessi, ma tempo speso insieme, in qualsiasi condizione e forma.
L’amicizia è ciò che ti fa sentire più forte di quanto puoi essere da solo e devo dire che con gli amici ho pareggiato il conto di non aver avuto una famiglia “del mulino bianco” a partire dall’aver perso a dieci anni la mamma… e a portarmi dietro quel senso di “precarietà sentimentale” che a guardare bene non mi fanno andar d’accordo con le persone poco coerenti, quelle che dicono di volerti bene ma sono solo delle presenze assenze o peggio insesistenti se non sui social.
L’amico è il porto sicuro, è colui che c’è e che tornerà, che ci permette di confrontarci e confortarci. Una sorta di specchio in cui l’amicizia prende forma, nell’apertura e nell’accettazione ma anche e soprattutto nella differenza e nel conflitto.
…e mi piace immaginare l’amicizia come qualcosa a tratti di inspiegabile, svincolata dalle ragioni del mondo, dalle definizioni logiche. Vorrei che l’amicizia fosse qualcosa di totalmente slegato dalla città in cui siamo nati, dalle scuole che abbiamo frequentato, dal nostro inquadramento lavorativo, dalle persone con cui abbiamo fatto sesso o a cui abbiamo fatto dei favori. E tu sei esattamente ciò che ho sempre immaginato sin da bambina, l’amica che va bene così com’è con i suoi pregi e difetti.
L’amica con cui spero di fare tanta strada ma che già ringrazio per questo tratto.
Concludo con ciò che mi capita (anche in amore a volte..) e mi colpisce sempre che è l’arcano inspiegabile di conoscere una persona che riconosci come “casa” come se la conoscessi da tanto.
L’amicizia dicevo in un articolo qualche hanno fa, è “una questione di feeling” nasce all’improvviso bevendo un caffè in un meeting di lavoro o in una pausa dallo smart sulla spiaggia della Liguria…
Ma poi I rapporti, anche quando nati da un riconoscimento istintivo e fulmineo, hanno bisogno di tempo per crescere, lo stesso che serve a coltivare le piante, ad addomesticare un animale, a costruire un grattacielo… un mattoncino alla volta. Il tempo che dedichiamo all’altro non è tempo che sottraiamo a noi stessi. Ma la lentezza non è più di questo mondo, come aveva notato nell’omonimo libro quell’attento osservatore di legami umani che era Milan Kundera.
Sono nata senza il gene della pazienza ma qualcuno superati i vent’anni (mio papà ci aveva provato ma senza grandi risultati), mi ha insegnato a dosare il mio entusiasmo per lasciare spazio all’attesa e alla riflessione. Non sono ancora molto paziente ma sono sulla buona strada e credo che le relazioni di qualsiasi sentimento si tratti oggi più che mai, abbiano bisogno di tempo e di pazienza.
Credo che l’amicizia sia o dovrebbe essere l’unico luogo in cui si può essere ciò che si è. Una sorta di spazio di accoglienza dove nonostante le incomprensioni, gli anni e la strada fatta magari separati può bastare quella parola che da bambini ci dicevano essere una parola magica e che lo è sempre: “Scusa” per tornare ad abbracciarci di nuovo
Scrivi un commento